Il coraggio di cambiare: serve un'Europa più unita, autorevole e protagonista dello scenario globale
Non è arrivato un meteorite, certo, ma una guerra nel cuore - e al cuore - della vecchia Europa che, dopo le atrocità della Seconda guerra mondiale, pare aver imparato ben poco o non abbastanza. I paesi, divisi come allora da interessi nazionalistici, si sono fatti trovare totalmente impreparati. Dipendenti, mani e piedi, delle forniture di chi vuole distruggerli, senza un sistema di difesa unitario, con il più forte militarmente appena fuggito dal club, con politici che pur di posizionarsi per la prossima competizione elettorale sono disposti a gridare persino “don’t look up” o, peggio, inneggiare al loro stesso carnefice.
Siamo alla rovina, dirette. Qualunque sia il nuovo ordine mondiale che verrà,
saremo sempre il vaso di coccio tra quelli di piombo. Destinati sempre a fare
la parte dei capponi di Renzo, litiganti mentre la tavola di un azzeccagarbugli
qualunque ci aspetta. Eppure, è solo il coraggio di cambiare che ci manca.
L’Europa unita, per davvero e non solo a chiacchiere, sarebbe l’ago della bilancia del mondo, capace di influenzare il destino dei popoli. Potrebbe, ma ammettiamolo: il sistema puramente democratico e capitalistico ha fallito. Le diseguaglianze dilagano, i progetti politici hanno il raggio di un triciclo, appena sufficiente ad arrivare al consenso delle elezioni più vicine. I continui cambi di direzione fanno ruotare in tondo mentre i regimi autoritari sono già al giro di boa e puntano dritto al taglio del nastro. Dopo questo l’aggressione all’Ucraina, la Russia sarà nelle mani della Cina, la Turchia acquisterà ancora più importanza strategica sullo scacchiere mentre la vecchia Europa dovrà fronteggiare l’ennesima dura crisi economica mentre altri avvieranno piani di ricostruzione con legittimo tornaconto.
Quindi, conviene adottare il loro modello e rinunciare alla libertà? Questo mai, il prezzo pagato per la democrazia è stato troppo alto per rinunciarvi. Soprattutto, è solo attraverso i processi democratici che si ottiene un vero progresso. I regimi illiberali o autocratici potranno anche impostare i loro obiettivi senza il zigzagare a cui spesso ci costringe il confronto tra idee diverse, ma al primo evento di discontinuità soffrono terribilmente e indietreggiano di decenni.
Ma
c’è una terza via. Una forma di governo democratico-autorevole, che imponga
maggiori responsabilità alla politica. Un bipolarismo che assegni all’alleanza
vincente i ministeri chiave ma costringa l’opposizione ad assumere la guida
degli altri, sotto la guida dello stesso premier. Un governo di unità nazionale
permanente che imponga a tutti i partiti politici di assumersi le loro
responsabilità di fronte al Paese. Il governo resterebbe in carica sette anni e
il vincolo di mandato impedirebbe i cambi di casacca dopo che gli elettori si saranno
espressi. La competizione politica resterebbe e sarebbe relativa all’indirizzo
dei dicasteri chiave, ma i risultati del governo sarebbero ascrivibili - nel bene
o nel male - a tutti. Il rapporto con le Regioni verrebbe gestito in funzione
dell’interesse nazionale che prevarrebbe in caso di necessità.
Il passo successivo sarebbe quello di cedere al governo europeo la guida di alcune missioni strategiche come ambiente, fisco, innovazione e difesa. Il completamento di una forza di protezione unica degli Stati farebbe definitivamente dell’Europa una potenza morale, economica e militare. Certo, alle non-democrazie resterebbero comunque alcuni vantaggi come la mancanza del rispetto della privacy o dei diritti dei lavoratori. Ma questa nuova Europa, al centro del mondo, con la scelta dei suoi partner determinerebbe il corso della storia.
Utopia? Eppure, lo ripeto, dipende solo dal nostro coraggio di cambiare.
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