Crimea: duemila anni di contese per la chiave del Mar Nero, dai Tatari all’Ucraina invasa



Poche terre al mondo incarnano la complessità e la persistenza della contesa geopolitica come la penisola di Crimea. Da oltre duemila anni, questo territorio proteso nel Mar Nero è stato un crocevia di popoli, culture e, soprattutto, ambizioni strategiche. Comprendere la sua storia millenaria è fondamentale per decifrare le radici di conflitti che, come quello attuale in Ucraina, scuotono gli equilibri mondiali.

Fin dall'antichità, la Crimea è stata un magnete per le potenze del tempo. I Greci vi fondarono colonie fiorenti, seguirono i Romani che ne compresero il valore strategico per il controllo delle rotte pontiche. Poi Bizantini, Cazari, la Rus' di Kyiv, i Mongoli e i mercanti genovesi lasciarono la loro impronta. Per secoli, furono i Tatari di Crimea, con il loro Khanato vassallo dell'Impero Ottomano, a dominare la penisola, rendendola un ponte tra l'Europa orientale e il mondo islamico. Ma la sua posizione la rendeva un obiettivo irrinunciabile per le potenze emergenti.

La svolta cruciale arrivò nel XVIII secolo con l'espansione dell'Impero Russo sotto Caterina la Grande. Nel 1783, la Crimea fu annessa, strappandola definitivamente all'influenza ottomana. Fu allora che venne fondata Sebastopoli, destinata a diventare il gioiello della marina imperiale russa. Da quel momento, Sebastopoli ha rappresentato il punto strategico per eccellenza per dominare il Mar Nero e le sue cruciali rotte commerciali verso il Mediterraneo e oltre. Chi controllava Sebastopoli, controllava l'accesso russo ai mari caldi, un'ossessione strategica per San Pietroburgo e poi per Mosca. La Guerra di Crimea a metà dell'Ottocento, che vide Russia scontrarsi con Ottomani, Francesi, Britannici e Piemontesi, fu la prova più evidente dell'importanza globale attribuita a questo piccolo lembo di terra.

Saltando al XX secolo, la Crimea fu nuovamente al centro della storia mondiale con la Conferenza di Jalta nel febbraio 1945. Proprio lì, sulle rive del Mar Nero, i leader delle potenze vincitrici della Seconda Guerra Mondiale – Roosevelt, Churchill e Stalin – discussero l'assetto del mondo post-bellico. Anche se non tracciò confini precisi, Yalta siglò di fatto la divisione del mondo in due grandi sfere di influenza: quella anglo-americana e quella sovietica, separate idealmente e poi fisicamente dalla "cortina di ferro" e dal Muro di Berlino, che ne delineava i confini politici e militari. La Crimea rimase saldamente all'interno della sfera sovietica, trasferita amministrativamente dalla RSFS Russa alla RSS Ucraina nel 1954.

La caduta dell'Unione Sovietica nel 1991 ha cambiato radicalmente la morfologia di quel patto bipolare. Improvvisamente, l'ordine mondiale basato su Yalta si dissolse, ma nessuno si occupò di gestire una vera e propria transizione negoziata verso nuovi equilibri. Mentre l'Occidente celebrava la "fine della storia", il vuoto lasciato dall'URSS e le dinamiche interne alle ex repubbliche sovietiche creavano nuove complessità. Nel frattempo, sulla scena globale emergevano altri due grandi attori, la Cina e l'India, ridisegnando la mappa del potere mondiale.

In questo scenario fluido, l'Unione Europea, mai veramente compiuta nella sua integrazione politica e strategica, ha forse ulteriormente acuito quegli squilibri tra pesi e contrappesi. Le incertezze sul ruolo dell'Europa, unite alla percezione russa di un'espansione della NATO verso i propri confini, hanno contribuito a creare un clima di insicurezza e risentimento a Mosca. Questo contesto ha indotto la Federazione Russa a riaprire lo scrigno delle ambizioni globali, mirando a ricostruire una propria sfera d'influenza. L'atto più drammatico di questa volontà è stata l'invasione su larga scala di quell'Ucraina a cui Mosca stessa (insieme a USA e UK) aveva garantito indipendenza, sovranità e confini sicuri nel 1994 (Memorandum di Budapest), in cambio della rinuncia all'arsenale nucleare sovietico rimasto sul territorio ucraino dopo il crollo dell'URSS.

L'annessione illegale della Crimea nel 2014 e l'invasione del 2022 sono dunque tappe di un percorso che vede la Russia tentare di riaffermare il proprio status di grande potenza, considerando l'Ucraina e la Crimea come parti irrinunciabili della propria area strategica vitale. 

La storia millenaria della penisola, da avamposto romano a base navale russa, da simbolo della Guerra Fredda a epicentro del nuovo disordine mondiale, dimostra come la geografia e le ambizioni di potere continuino a plasmare il destino dei popoli, rendendo la Crimea, ancora una volta, uno specchio delle tensioni globali.

by Maurizio Decollanz. Powered by Blogger.