Neppure questi sono samurai invincibili


 

Muore di martedì 17 Francesco Cossiga… 
Esperto di troppe cose border line, inclusi l’esoterismo e la cabala. Esala l’ultimo respiro alle 13 e diciassette minuti, arrotondati a diciotto per non evocare troppi interessi su un decesso consumatosi nel segno dei grandi misteri italiani. Il caso Moro in primis, con quel lacerante doppio ruolo di amico e di Ministro degli Interni. La borsa dei documenti inconfessabili sottratta dalla FIAT 130 che trasportava lo statista democristiano dopo che dalla scena dell’agguato erano da tempo spariti i sicari. E poi naturalmente Ustica, con l’irrefrenabile voglia di dire di tutto e di più mitigata solo dal buon senso. Ma anche il vuoto della vecchiaia, gli alti e bassi dell’umore, gli antidepressivi che spingono a gesti dannunziani azzerando il senso del limite.

 


Così Cossiga osa l’inosabile, lui che ammoniva tutti a non sfidare chi stava dietro all’abbattimento del DC9 dell’ITAVIA. Arrivano le interviste più recenti e le sue accuse circostanziate alla portaerei Clemenceau: una sorta di messa in conto che la sua fine avrebbe così potuto essere vicina. Un dolo eventuale attuato contro se stesso. Una roulette russa col caricatore quasi pieno… Sempre meglio dell’oblio si sarà detto.

Ricordo che ai reporter che lo incalzavano su Ustica con una tesi ben precisa in tasca lui consigliava di non recarsi a verificarla in Francia. Non che potesse succedere nulla, per carità, ma un TIR poteva invadere l'opposta corsia di marcia travolgendo i malcapitati… Meglio lasciar perdere. Naturalmente questo non valeva per una specie di Nume tutelare delle segrete cose targate NATO, o meglio lo incuriosiva verificarlo di persona il fin dove avrebbe potuto spingersi.  

Si dice esistano tossine che non sono rintracciabili nell’organismo (in quanto sconosciute) ma che operano senza sosta in un fisico debilitato fino all’esito fatale. Se ne discusse molto durante l’agonia di Arafat (al netto della sua sieropositività da HIV). Il Policlinico Gemelli è struttura bene attrezzata e l’ottimismo poche ore prima del decesso sul decorso dell’ex Presidente sarà pur stato fondato su qualche base razionale. Dunque non suoni blasfemo il dubbio che qualcosa sia stato non bene esplorato dall’inizio. Qualcosa che evidentemente sfugge agli screening di routine. Se ora nessuno riterrà di disporre esami autoptici mirati che ne accertino i contorni potrà essere lecito dubitare della volontà italiana di far luce per davvero su una vicenda potenzialmente più esplosiva della stessa Ustica.

Adesso la maledizione di Moro può dirsi completata e anche quel fil rouge circolare che dall’Hyperion arriva fino a Ustica si chiude. Così come si chiude, deviazione dopo deviazione, il loop che svela la sostanziale sovrapponibilità di certe strutture di intelligence con quelle in sonno, trasversali e autoreferenti ma ben oliate allo scopo. Certo non uno scopo istituzionale. Forse perfino Cossiga ha voluto voltare pagina. Da par suo.

Daniele Pinzani
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