Afghanistan, un vagito (a sorpresa) tra le bombe


di Matteo Dell'Aira *

Alle 14 veniamo chiamati in pronto soccorso perché ci sono tre feriti da proiettile: sono pazienti abbastanza urgenti, i proiettili hanno colpito braccia e gambe provocando sanguinamenti che possono portare all'amputazione degli arti, se non alla morte.

Diamo una mano ai nostri colleghi nazionali, i tempi devono essere il più ridotti possibile.
C'è chi sta rasando, chi comincia a infondere liquidi per evitare stati di shock, chi intanto porta ad analizzare il sangue prelevato ai feriti, chi comincia la somministrazione di antibiotici, chi posiziona bendaggi.

Questa 'normale routine' da ospedale di guerra si interrompe alle 14 e 15. Ci siamo fermati tutti improvvisamente quando abbiamo sentito uno strano suono. Non il rumore di una forte esplosione, non il 'solito' elicottero da combattimento bassissimo che fa tremare ogni volta i vetri dell'ospedale, ma un bellissimo vagito che proveniva dalla nostra terapia intensiva: era nata una splendida bambina.

Sua mamma Shirina, che qui vuol dire 'dolcezza', era arrivata ieri ferita da un proiettile in pancia, che per fortuna si era fermato a soli tre centimetri dall'utero. Era stata immediatamente operata dai nostri chirurghi, con una certa apprensione, come ovvio in questi casi.

Durante il giro di visita, Shirina non riferiva alcun dolore o movimento strano, per cui le avevamo fissato una visita con la ginecologa nazionale per il pomeriggio. Invece la neonata, che non ha ancora un nome, ha deciso di venire al mondo durante la visita dei parenti, in dieci minuti.

Gli infermieri maschi della terapia intensiva, colleghi in grado di trattare anche sei feriti da mina complessi contemporaneamente, sono andati letteralmente in panico davanti al pancione di Shirina. Sono intervenute le nostre infermiere nazionali, insieme a Paola e Katuscia: sono state le prime ad accogliere la neonata, che già dopo poco 'sorrideva'.

Stamattina Shirina, la mamma, ci ha detto che possiamo scegliere noi il nome per la piccola, da tanto era felice che tutto fosse andato per il meglio. Noi ci siamo limitati ad augurarle una buona vita, che sarebbe già un gran regalo in un paese come questo.

*Coordinatore medico dell'ospedale di Emergency a Lashkargah, Helmand
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